I processi di tintura dei tessuti e il relativo impatto sull’ambiente
Uno dei problemi ambientali più rilevanti dell’industria tessile è legato al processo di tintura dei capi, durante il quale vengono utilizzati coloranti sintetici che, se da una parte conferiscono al capo colori vividi e duraturi, dall’altra inquinano e rischiano di essere nocivi per il consumatore.
Il processo di tintura ha un forte impatto ambientale anche perché è water-intensive: vengono utilizzate grosse quantità di acqua che possono diventare pericolose, soprattutto quando smaltite, poiché in contatto con una serie di sostanze chimiche (tra cui vari tipi di coloranti, microfibre, mordenti, etc...).
Da molti anni si sta cercando una soluzione a questo problema riscoprendo tinture naturali, riciclando determinate sostanze o investendo in nuove tecnologie; tuttavia l’innovazione è costosa e complessa e, per questa ragione, non tutti trovano i mezzi adatti per apportare modifiche nei propri stabilimenti produttivi.
L’organizzazione pioniera GreenPeace, nel 2011, ha avviato un percorso di responsabilizzazione tramite la GreenPeace’s Detox Campaign, una campagna ideata per sensibilizzare i brand sull’impatto ambientale, chiedere loro trasparenza lungo la filiera e consapevolizzare i consumatori sui pericoli del fast fashion.
I brand hanno risposto introducendo nuove innovazioni e istituendo programmi come ZDHC (Zero Discharge of Hazardous Chemicals), al fine di promuovere un utilizzo più sostenibile della chimica.
Il problema del consumo di acqua
Come già anticipato, uno dei problemi principali causati dai processi di tintura è lo spreco d’acqua: tintura e finissaggio possono utilizzare fino a 125 litri di acqua per chilogrammo di fibra di cotone.
Questo mette una grande pressione sulle risorse acquatiche mondiali e principalmente su quelle dei Paesi in via di sviluppo, considerando che molti brand occidentali esternalizzano la loro manodopera e hanno poco controllo sulla gestione della filiera.
Il problema del rilascio di sostanze dannose
Purtroppo lo smaltimento delle acque reflue non sempre è adeguatamente regolamentato.
L’acqua di scarto può essere tossica a causa delle sostanze utilizzate durante la tintura, le quali non si dissolvono a contatto con essa.
I coloranti azoici possono essere utilizzati a temperature meno elevate, rendendo i colori più vividi, ma in alcune determinate situazioni possono scomporsi e produrre sostanze cancerogene: le ammine aromatiche, che possono anche causare danni ambientali.
In diversi Paesi la vendita di capi che contengono materiali che potrebbero potenzialmente produrre ammine aromatiche è vietata, anche se, comunque, può capitare di trovarle nei tessuti in piccole percentuali.
Un altro tipo di sostanza nociva che si trova nell’acqua di scarto è il mordente: una sostanza che fissa il colore alle fibre, estremamente inquinante.
Lo smaltimento dell’acqua è costoso e complicato, per questo le aziende hanno spesso difficoltà nel gestirlo. Sottovalutare questo aspetto, però, rischia di mettere in serio pericolo ambiente e uomo.
Spunti per limitare l’impatto dei processi di tintura dei tessuti
Grazie alla campagna Detox di GreenPeace, il mondo della moda ha iniziato a comprendere i problemi causati all’ambiente dall’industria tessile e ha quindi iniziato a cercare delle soluzioni che potessero limitare l’impatto.
Nel 2011, per esempio, sei brand hanno programmato una risposta alla campagna, attraverso il programma ZDHC.
ZDHC risponde alla necessità di creare uno standard riconosciuto, perché tutte le aziende si possano conformare con un solo obiettivo: integrare la sostenibilità nella gestione delle sostanze chimiche. Abbiamo già parlato del programma ZDHC qui.
Lo ZDHC differisce dal REACH (Registration, Evaluation, Authorization and Restriction of Chemicals), un regolamento redatto dall’Unione Europea nel 2007, che serve a proteggere la salute umana e l’ambiente da rischi e sostanze chimiche.
Mentre lo ZDHC è un protocollo a cui le aziende possono aderire su base volontaria e, quindi, ha criteri molto più restrittivi, essere conformi al REACH è obbligatorio per legge.
ZDHC, in particolare, si basa su una MRSL (Manufacturers Restricted Substances List), ovvero un elenco di sostanze vietate durante i processi produttivi.
Nonostante lo ZDHC sia uno strumento molto utile per l’industria tessile, è criticato perché “lento nella sua evoluzione”, dal momento che le linee guida chimiche per la manifattura sono state aggiornate una sola volta in dieci anni e fino al 2021 le aziende potevano auto dichiararsi conformi al protocollo.
Oltre all’impegno che un’azienda può dimostrare, aderendo a un programma riconosciuto come quello di ZDHC, ci sono molte altre soluzioni che dimostrano un’effettiva riduzione dell’impatto dei processi di tintura come, ad esempio, l’utilizzo di materiali bio-ispirati.
Nel 2011 l’agenzia di biodesign creativo Faber Futures ha scoperto un microbo che produce pigmenti utilizzabili per colorare tessuti, i quali non sono risultati pericolosi né per l’uomo, né per l’ambiente. Il processo di tintura richiederebbe in questo caso un quantitativo di acqua che è 500 volte inferiore rispetto a quello utilizzato in un processo di tintura convenzionale.
Perchè le tinture vegetali non sono sempre la soluzione migliore
È credenza comune che la soluzione migliore per risolvere il problema ambientale, causato dai coloranti sintetici, sia quella di utilizzare le tinture naturali, ma non è sempre così.
Infatti, se l’utilizzo di tinture naturali può essere una strategia molto efficace per alcune aziende, per altre può risultare complessa e poco performante.
Ad esempio, considerando che le tinture naturali vengono ricavate da piante, radici, frutta, insetti e alghe, servono finanze, spazio e forza lavoro per riuscire a coltivare una quantità necessaria e sufficiente da utilizzare su scala industriale.
Le tinture naturali sono, inoltre, molto delicate: rischiano di sbiadire più in fretta con lavaggi frequenti ed esposizione al sole.
Il fatto che questo tipo di processo presenti dei limiti, non significa necessariamente che sia svantaggioso: può risultare efficace, ad esempio, per una piccola impresa che basi i propri valori sull’artigianalità e l’unicità.
La tecnologia come alleata nella riduzione dell’impatto ambientale dei processi di tintura
La tecnologia può essere un’alleata indispensabile nella riduzione dell’impatto ambientale dei processi di tintura dell’industria tessile.
Per esempio, l’azienda di Biella Officina+39 ha avviato il progetto Recycrom: trasforma gli scarti tessili di produzione in polveri pigmentate utilizzabili nei processi di tintura.
Per approfondire il progetto ascolta l’intervista fatta a Officina+39 qui.
Anche l’UE sta finanziando progetti per la tintura eco-compatibile, come H2COLOR-Aux, un progetto che previene l’idrolisi (reazione di scissione di un composto) durante la tintura, riducendo energia, tempo, sostanze necessarie e aumentando la produzione del 50% a costi ridotti. Inoltre riduce l’utilizzo di acqua del 70%.
Case study: WUULS, Officina +39 e Tintex Textiles
Molte delle aziende che abbiamo intervistato nel nostro podcast “Business stories di Moda&Sostenibilità” sono già molto impegnate nella riduzione dell’impatto dovuto al processo di tintura.
Alcune fanno tesoro degli insegnamenti della tradizione tessile, altre sfruttano la tecnologia:
- WUULS è un marchio di maglieria a km0 del Parco Nazionale del Gran Sasso. Produce maglie utilizzando la lana delle pecore del Parco Nazionale e tinture naturali in collaborazione con Tintoria Ferrini.
Ascolta l’intervista qui.
- Officina+39 ha un’esperienza trentennale nella ricerca e nell’applicazione chimica nel settore tessile. Ha introdotto il concetto di riciclo e, quindi, di circolarità nel processo di tintura attraverso il progetto Recycrom.
Ascolta l’intervista qui.
- Tintex Textiles ha un approccio basato su tecnologia e innovazione: attraverso il progetto aWaRe viene riciclata l’acqua e reintegrata nei processi a umido. Sviluppa tessuti basati sul riutilizzo e il riciclo degli scarti produttivi e di magazzino.
Ascolta l’intervista qui.
Conclusioni
Il problema ambientale causato dai processi di tintura delle aziende tessili è molto serio, ma non irrisolvibile.
Per ogni azienda esiste una soluzione ad hoc che permette di ridurre l’impatto ambientale e di trarne, al contempo, diversi benefici.
Per questo noi di Cikis Studio analizziamo le risorse, i valori e le esigenze di ogni specifica realtà, al fine di costruire un piano strategico su misura ed efficace per ogni singola azienda.
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