La sostenibilità raccontata attraverso l’etichetta
“Informazioni chiare, strutturate e accessibili sulle caratteristiche di sostenibilità ambientale dei prodotti consentono alle imprese e ai consumatori di compiere scelte più adeguate e di migliorare la comunicazione tra gli attori lungo le catene del valore”.
Con questa asserzione, contenuta nella Strategia Europea per i prodotti tessili sostenibili e circolari, la Commissione Europea sottolinea l’importanza di una corretta informazione, generalmente divulgata mediante etichetta.
La disciplina cogente sull’etichettatura: il Regolamento UE del 2011
Oggi, ai sensi del Regolamento dell'UE relativo all'etichettatura dei prodotti tessili e alla composizione fibrosa, tutti i prodotti tessili immessi nel mercato dell'UE devono essere contrassegnati, mediante etichette saldamente apposte al prodotto.
L'etichettatura è obbligatoria per i prodotti tessili destinati al consumatore finale, mentre può essere sostituita o completata da documenti commerciali d'accompagnamento nel caso di vendite B2B.
L'etichetta deve:
- specificare la composizione fibrosa, con le percentuali in ordine decrescente;
- presentare un testo chiaro, leggibile e uniforme per caratteri tipografici e dimensioni;
- includere una netta distinzione tra la composizione tessile e le altre informazioni, come ad esempio la manutenzione del prodotto;
Informazioni ulteriori, quali marchi riconosciuti di eccellenza ambientale, possono essere apposti su base volontaria, nel rispetto della distinzione di cui sopra.
La normativa stabilisce altresì che, laddove i prodotti vengano venduti in più paesi dell'UE, le loro etichette debbano essere tradotte in tutte le lingue ufficiali dei territori in cui saranno messi a disposizione del consumatore.
La revisione: il tragitto verso la disclosure di parametri ambientali e sociali
Come è evidente, le prescrizioni sopra descritte non discipinano in maniera specifica i connotati “sostenibili” di un determinato capo.
Per questa ragione, la Commissione Europea sta riesaminando il Regolamento succitato ed entro quest’anno, previa una valutazione d'impatto, intende introdurre l'obbligo di comunicare altri tipi di informazioni, quali i parametri di sostenibilità e circolarità, le dimensioni dei prodotti e, se del caso, il paese terzo in cui si svolgono i processi di fabbricazione ("made in").
Inoltre, al fine di rendere facilmente accessibile una vasta mole di informazioni, la Commissione valuterà anche la possibilità di introdurre un'etichetta digitale.
Contestualmente, nell'ambito delle misure previste dalla proposta di Regolamento sulla progettazione ecocompatibile di prodotti sostenibili, entro il 2024 la Commissione introdurrà un passaporto digitale dei prodotti per i tessili (Digital Product Passport - DPP).
Descritto come un codice identificativo univoco, a barre o bidimensionale, fisicamente presente sul prodotto, sul suo imballaggio o sulla documentazione che lo accompagna, il DPP dovrà essere accessibile agli utilizzatori mediante dispositivi elettronici prima dell’acquisto.
Il codice univoco permetterà di identificare il prodotto, il lotto di provenienza e i soggetti responsabili della sua produzione, nonchè di diffondere informazioni utili relativamente alla catena di produzione, ai materiali utilizzati, ai processi produttivi e ai relativi impatti ambientali. Inoltre, conterrà informazioni relative alla manutenzione, alla riparabilità e allo smaltimento del prodotto.
Le iniziative esistenti e la necessità di un coordinamento
Sebbene i propositi della Commissione Europea siano pregevoli, risulta necessario coordinare gli sforzi normativi UE con la legislazione già in vigore in alcuni Stati Membri e, nello specifico, in Francia.
Invero, la Loi Anti-gaspillage pour une économie circulaire (AGEC), approvata nel 2020 e attuata mediante Decreto 2022-748, introduce l’obbligo di apporre un’etichetta ambientale su tutti i prodotti di abbigliamento, calzature e tessili per la casa immessi sul mercato francese.
Ai sensi della normativa, l’etichetta deve consentire ai consumatori di:
- Considerare l'impatto ambientale e sociale del prodotto nel suo intero ciclo di vita;
- Mostrare gli impatti ambientali in termini di emissioni di gas serra, danni alla biodiversità, all'acqua e ad altre risorse naturali;
- Tenere conto delle esternalità ambientali dei sistemi di produzione;
- Tracciare geograficamente le 3 principali fasi di lavorazione (tessitura, tintura, assemblaggio/finitura);
- Esaminare elementi tra cui:
- riparabilità, riciclabilità, possibilità di riutilizzo;
- contenuto di materiale riciclato;
- uso di risorse rinnovabili;
- presenza di sostanze pericolose;
- presenza di microfibre di plastica, quando la proporzione in massa di fibre sintetiche è maggiore del 50%.
L'etichetta deve essere visibile e accessibile per il consumatore, al momento dell'acquisto e dopo: ciò implica la creazione di una pagina web dedicata al prodotto, che deve essere in lingua francese. Infatti, la Loi AGEC impone ai produttori non francesi di tradurre tutte le informazioni sui prodotti che vengono messe a disposizione degli acquirenti.
Quanto alle tempistiche per l’attuazione, la legge specifica che le proprie prescrizioni si applicano con la seguente cadenza:
- Gennaio 2023: imprese con un fatturato superiore a 50 milioni di euro, o che immettono più di 10 mila unità nel mercato francese ogni anno
- Gennaio 2024: imprese con un fatturato di oltre 20 milioni di euro, o che immettono più di 10 mila unità nel mercato francese ogni anno
- Gennaio 2025: imprese con un fatturato di oltre 10 milioni di euro, o che immettono più di 10 mila unità nel mercato francese ogni anno
Tuttavia, è presumibile che vi siano ritardi nell’attuazione, in quanto non è ancora stato raggiunto un accordo sulla metodologia da utilizzare per il calcolo dell’impatto, in fase di test da maggio 2022. Allo stato attuale, è presumibile che la Francia si rifaccia alla Product Environmental Footprint (PEF), al fine di uniformarsi alla disciplina europea.
Anche questa metodologia, però, non è esente da critiche e necessiterebbe di una revisione, come da tempo sottolineato dagli aderenti alla campagna Make the Label Count.
Oltre alle difficoltà metodologiche, sono state sollevate da più parti preoccupazioni in merito alla discrasia normativa, che rischia di ingenerare disparità e oneri eccessivi per le imprese moda, che spesso operano in più Paesi e, conseguentemente, si trovano assoggettate a molteplici e divergenti obblighi.
Etichettatura volontaria: le iniziative delle imprese
Un altro aspetto non trascurabile riguarda le iniziative volontarie delle imprese, che dovranno necessariamente adeguarsi alle prescrizioni in fase di approvazione in UE.
Infatti, l'etichettatura digitale non è un concetto nuovo: a titolo esemplificativo, Burberry ha introdotto per la prima volta le etichette di sostenibilità tramite codici QR nel 2020, mentre Pangaia, in collaborazione con il technology provider EON, ha presentato i suoi passaporti digitali all'inizio del 2021, offrendo trasparenza e tracciabilità ai clienti mediante un QR code apposto sull’etichetta dei capi.
Queste iniziative necessiteranno di un adeguamento, al fine di pervenire a un sistema di etichettatura standardizzato, con ID digitali che includano tutte le informazioni richieste dalla legge, nella lingua del Paese di riferimento.
Il supporto offerto da Cikis
Conoscere la normativa rappresenta un punto di partenza imprescindibile per adeguare le azioni delle imprese al diritto vigente.
Cikis può supportare le imprese a orientarsi, a fronte del complesso quadro regolatorio, tra gli obblighi di etichettatura cogenti e in fase di approvazione.
Inoltre, può offrire assistenza ne processo di armonizzazione delle iniziative aziendali già in essere con i nuovi obblighi di legge.
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