Comunicare la sostenibilità in modo corretto: l'importanza delle etichette ambientali di tipo 1, 2 e 3
La comunicazione sulla sostenibilità è un argomento delicato per le aziende del settore moda.
Dal nostro Report Moda e Sostenibilità 2022 emerge che, sebbene il 99% delle imprese di moda si occupi di sostenibilità, nell’ultimo anno il numero di aziende che si sopravvaluta è aumentato. In particolare, il 44.8% delle aziende che si trovano a un livello base di sostenibilità sopravvaluta le proprie pratiche, esponendosi così al rischio greenwashing.
Questi dati trovano ulteriore supporto nel Report Synthetics Anonymous condotto dalla Changing Markets Foundation, in cui si legge che il 59% delle affermazioni fatte da aziende di moda europee e britanniche è fuorviante o infondato.
Per risolvere questo problema, la Commissione Europea ha lanciato alcune iniziative, che si prefiggono di combattere il fenomeno del greenwashing, come la Green Claim Initiative e la Sustainable Product Initiative, la cui proposta di legge è stata presentata a fine marzo 20222.
Accanto alle normative istituzionali, l’organizzazione ISO (International Organization for Standardization) ha cercato di risolvere il problema del greenwashing uniformando la comunicazione della sostenibilità ambientale dei prodotti attraverso lo sviluppo di tre etichette ambientali, che permettono di catalogare i prodotti in base alle loro caratteristiche ambientali.
Standard ISO: sviluppo e definizione delle etichette ambientali
La già citata Green Claim Initiative, lanciata dalla Commissione Europea, ha stabilito che i claim ambientali generici saranno autorizzati solo se convalidati da una metodologia standard che garantisca dati affidabili, verificabili e comparabili in tutta l'Unione Europea.
In questo senso, gli standard ISO per l’etichettatura ambientale forniscono definizioni e linee guida chiare e condivise dall’Unione Europea, permettendo di fare chiarezza rispetto alla moltitudine di claims ambientali che circolano nel mercato.
Le etichette ambientali fanno riferimento alla norma ISO 14020:2022 e si dividono in tre tipologie:
- Etichette ambientali di tipo I (ISO 14024): etichetta ecologica dei prodotti per cui esistono criteri chiaramente definiti (come ad esempio il marchio Ecolabel).
- Autodichiarazioni ambientali di tipo II (ISO 14021): etichetta ecologica per prodotti o servizi di cui non esistono criteri definiti. Si tratta di una etichetta auto-dichiarata da produttori, importatori o distributori.
- Dichiarazioni ambientali di tipo III (ISO 14025): etichette che contengono la quantificazione degli impatti ambientali basati su calcoli di LCA dell’intero ciclo di vita del prodotto.
L’ottenimento di una di queste etichette ambientali può prevedere, a seconda della tipologia di etichetta, una verifica obbligatoria da parte di organismi di terze parti.
Un esempio di etichettatura di tipo 1: il marchio Ecolabel
La norma ISO 14024 definisce l'etichettatura ambientale di Tipo I quale un "sistema volontario che identifica ufficialmente e certifica che determinati prodotti o servizi, per tutto il loro ciclo di vita, hanno un minore impatto sull'ambiente". I marchi di qualità ecologica che rientrano in tale categoria, quindi, devono essere assegnati da una terza parte indipendente, che funge da Organismo di Certificazione, e basarsi su criteri scientifici per l’analisi degli impatti dell’intero ciclo di vita del prodotto.
Questa normativa è riconosciuta a livello globale ed è stata adottata dal Global Ecolabelling Network (GEN) come riferimento per le etichettature ambientali.
L’etichettatura ambientale di tipo I sviluppata dall’Unione Europea è l’EU Ecolabel, istituito nel 1992 e oggi riconosciuto a livello globale.
L’Ecolabel certifica prodotti a basso impatto ambientale ed è verificato in modo indipendente da parti terze che attestano la conformità dei prodotti agli standard del marchio.
Per ottenere il marchio Ecolabel, i prodotti devono soddisfare determinati standard ambientali e prestazionali dall'estrazione delle materie prime fino alla gestione del fine vita.
I criteri per l’assegnazione del marchio Ecolabel per i prodotti tessili
La Commissione Europea ha pubblicato un manuale tecnico per i prodotti tessili in cui vengono riportati i criteri ecologici per l’assegnazione del marchio Ecolabel ai prodotti tessili e alle relative sottocategorie. La validità di questi criteri è stata confermata fino al 2025.
All’interno del documento sono definiti come «prodotti tessili»:
- articoli di abbigliamento e accessori tessili
- prodotti tessili per interni
- fibre tessili, fili, stoffa e pannelli a maglia
- elementi non tessili (cerniere, bottoni e altri accessori nonché membrane, rivestimenti e laminati)
- prodotti per la pulizia
Mentre i criteri da soddisfare per l’ottenimento del marchio Ecolabel sono 28 e sono suddivisi in 5 gruppi. Tali criteri di verifica riguardano:
- Fibre tessili: valutazione e verifica della composizione completa del prodotto per dimostrare la conformità allo standard delle fibre tessili utilizzate. I criteri da soddisfare riguardano anche la percentuale di tessuto riciclato utilizzato.
- Componenti e accessori: valutazione e verifica dei materiali utilizzati. Di questo gruppo fanno parte le imbottiture, i rivestimenti e gli accessori di metallo e plastica.
- Sostanze e processi chimici: le sostanze, le formule e le tecnologie produttive impiegate per fabbricare e conferire qualità e funzioni specifiche al prodotto in fase di filatura, pretrattamento, tintura, stampa e finitura, oltre che per trattare le emissioni atmosferiche e le acque reflue
- Idoneità all’uso: la performance del prodotto è determinata attraverso prove specifiche per verificare la resistenza del colore in determinate condizioni, la resistenza al «pilling», l'abrasione, la durata della repellenza all'acqua, la facilità di manutenzione e la resistenza al fuoco
- Responsabilità sociale d’impresa: si applicano alle fasi produttive di taglio, confezione e finitura dei prodotti tessili. Di conseguenza, i richiedenti sono tenuti a garantire il rispetto dei principi e dei diritti fondamentali sanciti dalle norme fondamentali del lavoro dell’OIL, dall'iniziativa «Global Compact» dell'ONU e dai principi direttivi dell'OCSE.
Questi criteri mirano a identificare prodotti con il minor impatto ambientale possibile durante l'intero ciclo di vita.
In seguito l’UE ha definito anche criteri specifici per l’ottenimento del marchio Ecolabel per le calzature.
I criteri per l'assegnazione del marchio sono 10 e riguardano:
- Origine delle pelli, del cotone, del legno e del sughero nonché delle fibre artificiali di cellulosa: ad esempio nel caso di fibre artificiali di cellulosa (compresi viscosa, modal e lyocell), almeno il 25,0% delle fibre di pasta non riciclate deve essere prodotto a partire da legno proveniente da foreste gestite secondo i principi della gestione forestale sostenibile definiti dalla FAO. La quota rimanente delle fibre di pasta non riciclate è composta da pasta ricavata da colture e foreste gestite in modo legale
- Riduzione del consumo idrico e restrizioni per la concia delle pelli: il consumo idrico espresso come volume annuo medio di acqua consumata per tonnellata di pelli gregge non può superare 28 m3/t per le pelli di grandi dimensioni, 35 m3/t per la concia vegetale, ecc
- Emissioni in acqua generate dalla produzione di cuoio, materiali tessili e gomma: ad esempio il valore COD (Domanda chimica di ossigeno) nelle acque reflue provenienti dai siti di concia del cuoio, scaricate nelle acque superficiali previo
trattamento (in sito o all'esterno), non può superare 200,0 mg/l
- Composti organici volatili (COV): salvo indicazione diversa, l'utilizzo totale di COV nella produzione finale di calzature non può superare, in media, 18,0g COV/paio
- Sostanze pericolose nel prodotto e nei componenti della calzatura: sono sottoposte a restrizioni sostanze e miscele che rispondono ai criteri di classificazione a norma dell'articolo 57 del regolamento (CE) n. 1907/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, in quanto sostanze estremamente preoccupanti (SVHC), nonché sostanze o miscele che rispondono ai criteri di classificazione, etichettatura e imballaggio (CLP) secondo il regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio
- Elenco delle sostanze con restrizioni d'uso: ad esempio la colofonia non è usata come ingrediente negli inchiostri da stampa, nelle vernici o negli adesivi
- Parametri che contribuiscono alla durata: ad esempio la resistenza della tomaia e della suola alla flessione, alla lacerazione, ecc
- Responsabilità sociale delle imprese per quanto riguarda il lavoro dei dipendenti: rispetto dei principi dell'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) e del patto mondiale delle Nazioni Unite (secondo pilastro del Global Compact), dei principi guida su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite e degli orientamenti dell'OCSE destinati alle imprese multinazionali
- Imballaggio: ad esempio il cartone e la carta utilizzati nell'imballaggio finale delle calzature sono costituiti al 100% da materiale riciclato
- Informazioni da riportare sulla confezione: ad esempio istruzioni per la pulizia a la cura di ciascun prodotto
Le etichette ambientali di tipo 2: autodichiarazioni ambientali
La normativa ISO 14021 definisce i requisiti per le etichette ambientali di tipo II, anche conosciute come autodichiarazioni ambientali. Queste etichette forniscono informazioni sui prodotti in base alle dichiarazioni dei produttori o rivenditori, senza essere soggette a controlli da parte di enti terzi.
La normativa fornisce una lista di requisiti generali per l'utilizzo di termini ambientali e include linee guida per l'uso, il posizionamento, la dimensione dei simboli e la grafica delle etichette, al fine di garantire che siano non ingannevoli, verificabili e specifiche.
Le diciture comunemente usate nelle etichettature ambientali di tipo II sono:
- Compostabile
- Biodegradabile
- Progettato per il disassemblaggio
- Prodotto con durata di vita estesa
- Energia recuperata
- Riciclabile
- Contenuto riciclato
- Consumo energetico ridotto
- Utilizzo ridotto delle risorse
- Consumo idrico ridotto
- Riutilizzabile e ricaricabile
- Riduzione dei rifiuti
Etichette di tipo 3: Environmental Product Declaration e analisi LCA
Le etichette ambientali di tipo III (ISO 14025) o Environmental Product Declaration, consentono di riportare in modo trasparente dati oggettivi, comparabili e verificati da terze parti sulle prestazioni ambientali di prodotti e servizi sulla base di uno studio Life Cycle Assessment.
Secondo la norma ISO 14040:2006 la metodologia LCA è definita come una tecnica di gestione ambientale che consente di identificare e valutare i potenziali impatti ambientali di un prodotto, processo o servizio durante l’intero ciclo di vita, dall’estrazione delle materie prime fino alla gestione del fine vita, valutando diverse categorie di impatto come ad esempio: cambiamento climatico, acidificazione, eutrofizzazione delle acque, formazione di smog fotochimico, impoverimento dell’ozono stratosferico, ecc.
Le dichiarazioni ambientali di prodotto vengono regolate da due norme ISO:
- ISO 14025, Environmental labels and declarations – Type III environmental declarations – Principles and procedures: stabilisce le procedure necessarie per lo sviluppo dei dati e i requisiti per ottenere l’etichetta. Tra questi requisiti vi è anche l’obbligo di verifica dei dati da parte di soggetti terzi.
- ISO/TS 14027, Environmental labels and declarations – Development of product category rules: stabilisce le linee guida per lo sviluppo di regole per categorie di prodotto che possono essere utilizzate a livello globale. Questa normativa contiene le regole per la conduzione dello studio LCA e dell ’EPD stessa.
Per facilitare il confronto degli impatti ambientali di un medesimo prodotto o servizio, è necessario stabilire delle regole di categoria di prodotto (PCR), ovvero documenti che definiscono i principi e i requisiti per la stesura delle EPD di una specifica categoria di prodotto/servizio.
Di conseguenza per agevolare la comunicazione dei risultati raggiunti, le EPD che si basano sulle stesse regole di categoria di prodotto (PCR), sono comparabili tra loro.
In cosa si differenziano le etichette ambientali di tipo 1, 2 e 3
Dopo aver esaminato i diversi tipi di etichette ambientali, possiamo affermare che le principali differenze tra di esse riguardano gli scopi, i destinatari e la verifica dell’etichetta.
In particolare le etichette ambientali di tipo I hanno uno scopo selettivo e sono regolamentate da criteri riconosciuti dall’Unione Europea (come l’Ecolabel), mentre le etichette ambientali di tipo II hanno uno scopo informativo e non devono essere necessariamente verificate da terze parti. Quelle di tipo III, invece, hanno uno scopo comparativo e si basano su dati oggettivi e quantificabili, permettendo così di ottimizzare i processi produttivi e ridurre i costi per le aziende.
Un’ulteriore differenza risiede nella verifica indipendente delle etichette. Per le etichette ambientali di tipo I e III è infatti obbligatorio il controllo da parte di soggetti terzi, mentre per le dichiarazioni ambientali di tipo II non è obbligatorio.
Infine le etichette di tipo I sono indirizzate sia ai consumatori che alle imprese, quelle di tipo II principalmente ai consumatori e quelle di tipo III maggiormente alle imprese.
In definitiva, tutti e tre i tipi di etichette ambientali rappresentano un valido supporto per creare politiche aziendali che soddisfino gli standard internazionali, incrementando la trasparenza aziendale e basando la propria comunicazione di sostenibilità su norme condivise.
Conclusioni
La maggior parte delle aziende di moda rischia di incorrere nel greenwashing a causa di una comunicazione errata o fuorviante sulla sostenibilità dei propri prodotti.
L’adozione delle etichette ambientali di tipo I, II e III, sviluppate sulla base dalle norme ISO 14020:2022, possono essere uno strumento utile per chiarire le prestazioni ambientali dei prodotti sul mercato.
In particolare, le etichette ambientali di tipo I e III consentono alle aziende di comunicare dati oggettivi e verificabili sui propri prodotti, grazie all'osservanza delle normative europee e alla validazione dei dati attraverso studi di analisi del ciclo di vita (LCA).
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