Carbon footprint: di cosa si tratta?
La concentrazione di anidride carbonica nell'atmosfera terrestre è attualmente di quasi 412 parti per milione (ppm) ed è in aumento. Tale dato rappresenta un incremento del 47% dall'inizio dell'era industriale, quando la concentrazione era vicina a 280 ppm, e un aumento dell'11% dal 2000, quando era vicino a 370 ppm.
Secondo l’IPCC AR6 2023 dell’Intergovernmental Panel on Climate Change, le emissioni di gas a effetto serra prodotte dalle attività umane, stanno causando l’aumento di 1,1°C della temperatura globale rispetto ai valori preindustriali. Ciò sta portando a un incremento della frequenza e dell'intensità degli eventi meteorologici estremi e, di conseguenza, a danni alle persone e agli ecosistemi naturali. Secondo il report, inoltre, le emissioni dovranno essere ridotte di quasi la metà entro il 2030 se si vuole limitare il riscaldamento a 1,5°C.
La necessità di calcolare e successivamente ridurre le emissioni riguarda tutti i settori, inclusa l'industria della moda.
Nel 2018 è stata fondata la UN Fashion Industry Climate Action Charter, che è stata poi rinnovata alla COP26 a Glasgow, nel Regno Unito, nel novembre 2021. L'obiettivo della Carta è raggiungere zero emissioni di gas serra nell'industria della moda entro il 2050, mantenendo il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C.
Tuttavia, secondo il Progress Report 2023 “Fashion Industry Charter For Climate Action” di UN Climate Change, solo il 45% dei firmatari attivi della Fashion Industry Charter for Climate Action è conforme alla definizione di obiettivi climatici pubblici necessari per mantenere il riscaldamento globale al di sotto di 1,5°C.
Tale dato sottolinea nuovamente la necessità di implementare sforzi significativi per ridurre gli impatti ambientali dell’industria della moda.
Per avviare una strategia di riduzione delle emissioni aziendali è necessario partire dal calcolo delle emissioni di gas serra, ovvero dal calcolo della Carbon Footprint: si tratta di una misura che esprime in CO2eq il totale delle emissioni di gas a effetto serra associate direttamente o indirettamente a un prodotto, un’organizzazione o un servizio.
In particolare esistono due tipologie di Carbon Footprint:
- La Carbon footprint di prodotto (product carbon footprint)
- La Carbon footprint di un’organizzazione (organizational carbon footprint)
La product carbon footprint
La carbon footprint di prodotto considera le emissioni complessive di tutte le fasi della vita del prodotto/servizio "dalla culla alla tomba", esprimendole nella categoria di impatto del Global Warming Potential - 100 years.
Attraverso la product carbon footprint è possibile calcolare la quantità complessiva di gas a effetto serra (GHG) associata direttamente o indirettamente a un prodotto nel suo intero ciclo di vita.
In particolare, ciascun GHG è ponderato rispetto al suo contributo all'aumento dell'effetto serra. Tale valore ponderato viene espresso in kg di CO2eq che varia a seconda del gas serra esaminato.
Lo standard di riferimento per il calcolo della Carbon Footprint di prodotto è la norma ISO 14067 - "Greenhouse gases - Carbon footprint of products - Requirements and guidelines for quantification and Communication”, che si basa su principi, requisiti e linee guida identificati negli standard internazionali esistenti sulla valutazione del ciclo di vita (LCA), ovvero gli standard ISO 14040 e ISO 14044.
L'utilizzo dei principi del Life Cycle Assessment nel calcolo della Carbon Footprint di prodotto, consente di:
- evitare il trasferimento degli impatti ambientali da una fase all'altra del ciclo di vita del prodotto. Senza l'adozione dei principi del Life Cycle Assessment nel calcolo della Carbon Footprint, non si considererebbe l'intero ciclo di vita del prodotto, il che potrebbe comportare che una riduzione delle emissioni di carbonio in una fase del ciclo di vita (es. il cambio di alcuni materiali per ridurre l’impatto ambientali) venga compensato da un aumento delle emissioni in un'altra fase (es. la fase di fine vita, per via della scelta di nuovi materiali non riciclabili)
- facilitare il monitoraggio dei risultati di calcolo dell’impronta di carbonio del prodotto
- identificare potenziali opportunità di eliminazione dei gas a effetto serra e di riduzioni delle emissioni di gas a effetto serra
- contribuire a promuovere un'economia a basse emissioni di carbonio
- rafforzare la credibilità, la coerenza e la trasparenza del calcolo e della rendicontazione della carbon footprint di un prodotto
- facilitare la valutazione di opzioni alternative di progettazione e approvvigionamento, di produzione e fabbricazione, di trasporto, di riciclo e di altri processi di gestione del fine vita del prodotto
L’organizational carbon footprint
La Carbon footprint di un’organizzazione consiste nella quantificazione e rendicontazione delle emissioni, dirette o indirette di gas effetto serra (GHG) connesse all’organizzazione.
Gli standard di riferimento sono la norma UNI EN ISO 14064 e il “GHG Protocol”.
La norma UNI EN ISO 14064, revisionata nel 2019, è composta da 3 parti:
- ISO 14064-1:2018: specifica i requisiti di progettazione, sviluppo gestione, rendicontazione e verifica degli inventari dei gas a effetto serra delle organizzazioni
- ISO 14064-2:2019: definisce i requisiti per quantificare, monitorare e rendicontare le riduzioni e le rimozione dei gas a effetto serra
- ISO 14064-3:2019: precisa requisiti e linee guida per condurre convalide e verifiche delle asserzioni relative ai gas a effetto serra (da parte degli Enti di certificazione) riferite a organizzazioni, progetti e prodotti.
Il GHG Protocol definisce la classificazione delle emissioni aziendali, gli approcci per stabilire i confini dell’azienda e cosa debba essere compreso nel calcolo, i metodi di quantificazione e le linee-guida per la disclosure.
Secondo la norma ISO 14064-1:2018 e il GHG Protocol, per il calcolo della Carbon Footprint di un’organizzazione è necessario contabilizzare le emissioni GHG di Scope 1, Scope 2 e Scope 3:
- Scope 1: si tratta di emissioni dirette relative alle attività dell’azienda (ad esempio le emissioni imputabili ai processi produttivi aziendali o generate dall’impiego di combustibili fossili per alimentare caldaie o veicoli aziendali)
- Scope 2: si tratta di emissioni indirette dovute alla produzione di energia elettrica acquistata e consumata dall’azienda. In questo caso si tratta di emissioni indirette dal momento che l’energia elettrica non è prodotta dall’azienda ma da soggetti terzi in luoghi diversi da quelli in cui l’energia stessa è utilizzata
- Scope 3: si tratta di emissioni indirette generate da processi o impianti non direttamente controllati dall’azienda ma riconducibili alla sua catena del valore (ad esempio trasporto di combustibili acquistati, uso di prodotti e servizi venduti, etc).
Dopo aver completato il calcolo della Carbon Footprint, si procede con l'identificazione delle aree che hanno il maggior impatto, la definizione delle strategie per ridurre le emissioni dirette e indirette e la ricerca delle soluzioni per compensare le emissioni di carbonio residue tramite progetti di carbon offsetting.
L’importanza del calcolo della carbon footprint per raggiungere la carbon neutrality
Il calcolo della carbon footprint è anche il primo passo per il raggiungimento dell’obiettivo di carbon neutrality, ovvero uno stato in cui le emissioni di gas a effetto serra (GHG) rilasciate nell'atmosfera da un soggetto (individuo, organizzazione, azienda, paese, ecc.) sono state ridotte o evitate e quelle rimanenti sono compensate attraverso progetti di carbon offsetting.
La carbon neutrality è un obiettivo chiave per assicurare che gli sforzi aziendali siano in linea con gli obiettivi climatici globali.
L’unico standard di certificazione di Carbon Neutrality riconosciuto a livello internazionale è la PAS 2060 (Publicly Available Specification), uno standard applicabile ad attività, prodotti, servizi, edifici, progetti, città ed eventi.
La PAS 2060 prevede 4 diverse fasi:
- Misurazione: il primo step prevede il calcolo della Carbon Footprint di prodotto o di organizzazione o di altri sottosistemi, secondo standard riconosciuti a livello internazionale. Il calcolo deve includere il 100% delle emissioni di Scope 1 e Scope 2 e tutte le emissioni di Scope 3 che contribuiscono a più dell'1% dell'impronta di carbonio totale
- Riduzione: successivamente si procede con la riduzione delle emissioni calcolate seguendo un Piano di gestione delle emissioni orientato verso la decarbonizzazione, che contenga un impegno pubblico verso la Carbon Neutrality. In questa fase è necessario specificare la scala temporale, gli obiettivi e i mezzi a disposizione per ottenere le riduzione delle emissioni, ma anche le modalità di compensazione delle emissioni residue
- Compensazione: le emissioni che non possono essere ridotte dovranno essere compensate tramite crediti di carbonio certificati
- Disclosure & Validazione: quest’ultima fase richiede la dichiarazione che gli standard siano stati raggiunti, con disclosure pubblica di tutta la documentazione a supporto della dichiarazione di Carbon Neutrality (le prove della riduzione delle emissioni, il report di Carbon Footprint, il Piano di gestione delle emissioni, etc.).
Case Study: Il calcolo della carbon footprint nel settore moda
Veja: Veja è un'azienda di moda sostenibile che si impegna nella riduzione delle proprie emissioni di gas serra. L'azienda ha pubblicato sul proprio sito web una relazione dettagliata sul calcolo delle emissioni di gas serra generate dalle proprie attività, che vanno dalla produzione delle materie prime alla consegna dei prodotti ai clienti.
Dalla relazione di Veja emerge che la maggior parte delle emissioni di gas serra dell'azienda sono generate dallo scope 3, ovvero dalle attività della catena di approvvigionamento, in particolare dalla produzione del cotone biologico utilizzato per la produzione delle scarpe.
Veja ha inoltre fissato degli obiettivi per ridurre le proprie emissioni di gas serra. Gli obiettivi dell’azienda sono:
- ridurre le emissioni di gas serra di tutti e tre gli ambiti del 15% entro il 2023
- aumentare l'efficienza energetica del 10% entro il 2023
- utilizzare fonti di energia rinnovabile per il 50% del consumo di energia elettrica entro il 2025
Il brand ha anche lanciato diverse iniziative per ridurre le emissioni di gas serra nella catena di approvvigionamento. Ad esempio, l'azienda sta lavorando per promuovere la coltivazione sostenibile del cotone biologico, ridurre l'impatto ambientale delle attività di trasporto e distribuzione e migliorare l'efficienza energetica delle fabbriche di produzione.
Kering: La strategia di sostenibilità del gruppo francese del lusso Kering prevede la valutazione dei progressi in base a 73 Indicatori di Performance Ambientale (IPA) che coprono tutte le operazioni e la supply chain, dalle materie prime alla lavorazione, fino ai negozi, agli uffici e ai magazzini (Scope 1, 2 e 3 a monte del Greenhouse Gas Protocol).
Negli ultimi anni, Kering e le sue maison hanno compiuto notevoli progressi nel raggiungere gli obiettivi di sostenibilità, ampliando al contempo le proprie ambizioni aziendali. Ora, stanno fissando un nuovo obiettivo ambizioso che copre gli ambiti 1, 2 e 3 del protocollo sui gas serra, poiché per decarbonizzare le attività globali è necessario passare dalle riduzioni dell'intensità di carbonio alle riduzioni assolute.
All’interno del Rapporto sui progressi della sostenibilità 2020-23 pubblicato a marzo 2023, Kering ha dichiarato i suoi nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni, che comprendono:
- Riduzione del 90% delle emissioni assolute di gas serra per Scope 1 e Scope 2 entro il 2030 (anno di riferimento: 2015).
- Riduzione del 70% dell'intensità delle emissioni di gas serra relative allo scope 3 entro il 2030 (anno di riferimento: 2015).
Patagonia: il brand americano di abbigliamento outdoor, da sempre impegnato a promuovere la sostenibilità e l'etica, ha fissato come obiettivo quello di diventare carbon neutral entro il 2025. Nonostante l'obiettivo molto ambizioso, il brand ha affermato che la maggior parte delle emissioni dell'azienda, pari al 95%, proviene dalla catena di approvvigionamento e dalla produzione dei materiali.
In particolare, nel 2020, le emissioni di carbonio di Patagonia sono state 224.565 tonnellate metriche di CO2eq e così suddivise:
- produzione di materiali: 84%
- produzione di finiture: 7%
- trasporto dei prodotti: 4%
- produzione di abbigliamento: 2.5%
- HQ/retails/centri di distribuzione: 2%
- viaggi di lavoro: 0.5%
Il team di responsabilità ambientale di Patagonia sta lavorando per ridurre la quantità di energia utilizzata dai propri fornitori lungo la catena di approvvigionamento, implementando azioni come l'utilizzo di fonti di energia rinnovabile e l'installazione di macchinari più efficienti. Inoltre, l'azienda sta investendo in progetti di sequestro del carbonio attraverso l'agricoltura biologica rigenerativa e il ripristino delle foreste.
Conclusioni
La riduzione delle emissioni di gas serra e la transizione verso un'economia a basse emissioni di carbonio rappresentano una sfida concreta per il settore tessile e moda.
Tuttavia, l'adozione di strumenti di misurazione come la carbon footprint può rappresentare un punto di partenza fondamentale per la transizione verso un modello di business in linea con gli obiettivi climatici mondiali.
La misurazione e il calcolo delle emissioni associate a un prodotto, all'azienda e all'intera filiera, infatti, permettono di identificare le principali criticità ambientali su cui agire e, di conseguenza, le soluzioni per ridurre le emissioni e compensare quelle residue o impossibili da ridurre, rendendo possibile il percorso di allineamento del settore moda agli ambiziosi obiettivi climatici globali.
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